La Canzone di Achille di Madeline Miller
Illiade, Omero, Libro Primo, Incipit
Parole quelle dell'incipit de l'Illiade che tutti conosciamo. L'Iliade è nel programma di studio nelle scuole superiori, per quanto le mie reminiscenze mi concedono! Forse non era proprio il massimo del piacere "l'analisi del testo", la traduzione in prosa, capire a cosa si riferisse Omero, studiare a fondo questo poema epico. Eppure, ecco qui che arriva tra le mie mani questo libro della Miller e nasce una scintilla, si apre uno squarcio nella mente e riemerge il gusto della lettura anche de l'Illiade, almeno alcuni passi. E così capisco che il grande racconto epico di Omero, non è una semplice esaltazione della battaglia per la conquista di Troia, E' una storia umana, umanissima direi, anche se ha uno stretto legame con gli Dei dell'Olimpo.
Già leggendo il poema sappiamo che nessuna vicenda della guerra a Troia appartiene soltanto ad una dimensione terrena. Tutto ha una doppia luce, divina e umana. Achille va in guerra, nonostante la madre Teti (una divinità del mare) avesse tentato da infante di renderlo immortale (lo immerge nello Stige, il fiume degli Inferi, purtroppo tenendolo per un tallone che non viene bagnato, divenendo quello il suo punto debole!) e dopo di nasconderlo, ben sapendo che dalla guerra non sarebbe ritornato. Il destino di Achille era avere la gloria. Combatte sapendo di dover sempre primeggiare, di dover essere un gigante sul campo di battaglia. L'aristos achaion, il migliore tra i greci, così lo indica la Miller in questo suo romanzo; "αιέν αριστεύειν" (aièn aristèuein), essere sempre il migliore, così come indicato da Omero. La sostanza è sempre quella.
A differenza dell'effetto che ebbe su di me l'Iliade, questo romanzo mi è entrato subito nel cuore (che non è poi tanto impenetrabile in realtà!). La Miller ha scelto una strada diversa per narrare la storia, per ritracciare il mito. Sceglie una strada molto più umana e trasforma l'eroe cantato in un ragazzo pieno di fragilità, che messo di fronte al suo dovere riveste il ruolo a lui assegnato.
La voce narrante scelta dalla Miller è quella di Patroclo. L'amico di Achille, l'unico e vero compagno dell'aristos achaion. La storia inizia con un Patroclo giovanissimo, timido, goffo, lontanissimo dall'ideale valoroso e forte che è rappresentato da Achille. Patroclo viene esiliato dal padre Menenzio, per un incidente grave, e viene ospitato nel regno del re Peleo. Qui inizia la rinascita del giovane, grazie alla vicinanza all'abbagliante Achille, il principe di Ftia. Insieme percorreranno, a passi incerti, la strada verso il delicato sbocciare della loro amicizia e verranno sorpresi dall'incedere forte ed inarrestabile del loro amore.
Amici, complici, amanti, compagni di battaglia, Patroclo e Achille diveranno l'uno la compensazione dell'altro. Impossibile non affezionarsi a Patroclo, ragazzo con un immenso cuore e grande coraggio. Può apparire come un personaggio comune, un uomo qualunque che si innamora di un eroe invincibile, che tutti ricorderanno per sempre, ma così non è! A modo suo Patroclo diviene eroe. Così lo vedo io!
La trama della storia, declamata e leggendaria, cammina insieme alla vita dei due ragazzi e del loro destino, mosso dalla volontà e dalla profezia degli Dei. Con estrema chiarezza e semplicità, la Miller regala un romanzo emozionante. La storia la conosciamo, sappiamo già come andrà a finire, ma restiamo comunque legati alle pagine del libro.
Non è facile riuscire a colpire l'attenzione del lettore che già conosce la storia. La mitologia c'è tutta: ci sono gli Dei che creano scompiglio, pestilenze, tempeste e che si schierano apertamente con alcuni personaggi. C'è Chirone, il centauro che si occuperà dell'educazione di Achille ed anche di quella Patroclo. Ci sono tutti gli Achei più importanti, l'odioso Agamennone, Menelao offeso, tra i quali spicca sicuramente, anche qui, il furbo e intelligente Odisseo (Ulisse). Ci sono i troiani: Ettore, Paride, Priamo che reclama il corpo del figlio in un incontro reso emozionante anche dalla Miller.
Una lettura, per me, davvero toccante, che ho voluto assaporare con calma, senza fretta, perché non volevo arrivare alla loro terribile sorte, quasi sperando in un romanzato diverso finale. Ma poi, nelle ultime pagine, alcune scene fanno ricomporre le emozioni provate in quelle precedenti. La costanza di Patroclo, l'amore che ha conservato nella difficoltà dello svolgersi del loro destino, fa trovare la pace anche alla perfida Teti.
Un libro che si ama fino all'ultima parola, grazie a uno stile avvincente.
"Nell'oscurità, due ombre si avvicinano attraverso il crepuscolo fitto e senza speranza. Le loro mani s'incontrano e la luce si riversa inondando ogni cosa, come cento urne d'oro che, aperte, fanno uscire il sole."