Diario d'Inverno di Paul Auster

22.05.2022

Paul Auster scrive questo suo Diario nel 2011, inizia un mese prima di compiere sessantaquattro anni e dichiara alla fine "Sei entrato nell'inverno della tua vita".

Il suo intento è presto detto "Parla ora prima che sia troppo tardi, e poi spera di continuare a parlare finché non ci sarà niente da dire. Dopotutto, il tempo si sta esaurendo. Forse è meglio mettere da parte le tue storie per ora e provare ad analizzare come sia stato vivere in questo corpo dal primo giorno in cui ricordi di essere stato vivo fino a oggi. Un catalogo di dati sensoriali. Quella che si potrebbe chiamare fenomenologia del respiro."

Questo suo diario arriva dopo la pubblicazione di molti suoi libri. E' una sorta di lettera, indirizzata a se stesso, nella quale riepiloga la sua vita fino a quel momento; un prosieguo e una integrazione rispetto a quello che aveva già scritto ne L'Invenzione della Solitudine.

Nel primo libro scritto nel 1979 e pubblicato in Italia nel 1982, raccontava i fatti e gli accadimenti della sua vita dopo la morte improvvisa del padre, avvenuta che Paul non era ancora uno scrittore famoso. In questo invece, ripercorre la sua vita da quel momento in poi, parla della madre e della sua morte sopraggiunta all'improvviso, e va oltre, sentendo il peso delle esperienze, delle sensazioni, delle riflessioni di uomo maturo. 

Fa bene leggere i libri di Auster perchè ci si ritrova in una dimensione poco ridondante, più discorsiva, chiara, senza fronzoli. Parla di vita vissuta, di emozioni provate, ragiona sul suo percorso, raccontandosi. E così riesce a interagire con chi legge.

Perchè quando uno scrittore come Auster, racconta quel che gli è accaduto e le vicende che lo portano ad essere quel che è diventato, non si può non fare un parallelo, non tanto relativo ai risultati ottenuti (lui è Auster e tu no!), ma su quanto alcune esperienze segnino emotivamente ognuno di noi.

Partendo proprio dalla perdita dei propri cari, passando per le analisi delle proprie scelte, siano esse relative agli affetti, alle relazioni, agli studi, agli impegni professionali. La vita inizia a scorrere davanti agli occhi portando anche il lettore a ragionare sulla propria condizione, come un dipanarsi di una matassa che presenta qualche piccolo nodo che, piano, inizia a sciogliersi. 

In tutto questo percorso si finisce con il fare i conti anche con il proprio corpo, con le sue reazioni alle esperienze cui è sottoposto, con i suoi cambiamenti, con la sua trasformazione. Forse è un libro molto maturo questo di Auster che può essere capito da chi ha superato gli "anta" e che può sentire e fare i paragoni con il passato, tirare una sorta di somma, per poi proseguire.

Il coinvolgimento è ancora maggiore per l'uso della seconda persona. E' come se Auster si rivolgesse a noi lettori con domande precise "Quanti battiti di palpebre? quante ore trascorse con una penna in mano? quanti baci dati e ricevuti?". Fa un elenco delle sue ferite da bambino, delle case in cui ha vissuto, inserisce verbali di riunioni di condominio scritti dalla moglie,  racconta le reazioni dei parenti alle storie di famiglia raccontate ne L'Invenzione della Solitudine, racconta della nascita del figlio Daniel, della fine del primo matrimonio con Lydia Davis, dell'incontro con l'attuale moglie Siri Hustvedt, della sua seconda figlia Sophie e, addirittura, del menù della cena di Natale nel Minnesota a casa della famiglia Hustvedt.

Non segue un ordine cronologico. Già nella prima pagina veniamo sbalzati dai 6 anni a 10 e poi a 64, per poi tornare nuovamente indietro mille volte. Avesse seguito un ordine cronologico non avrebbe assunto la dimensione che invece assume: confidenziale, personale ed intimo.

È un libro di grande respiro e umanità che restituisce l'amore per la scrittura e l'attaccamento alla vita. E' un libro che racchiude molte altre storie scritte da Auster, che aiuta a comprendere ancora di più quanto di se e delle sue esperienze inserisca nei suoi personaggi; aiuta a comprendere quanto nei suoi romanzi analizzi la potenza del caso, del destino, in una sorta di gioco in cui è difficile che l'uomo possa risultare vincitore. E' un libro che va letto dopo aver affrontato già altri libri di Auster, sicuramente dopo de L'Invenzione della Solitudine, altrimenti non farebbe l'effetto che invece deve fare.

Leggerlo oggi, in questi tempi, diventa anche doloroso per le vicende accadute al figlio di Auster Daniel, deceduto il 26 aprile scorso per una overdose da eroina (era, tra l'altro, in attesa di processo per la morte della propria figlia di 10 mesi causata da ingestione di fentanyl e eroina). 

Paul Auster tratta molto delicatamente in queste pagine, come ne L'invenzione della Solitudine, il suo essere genitore, le sue premure verso il figlio e la figlia, si sentono e si leggono le speranze, la passione, la preoccupazione anche per la condizione della società in cui si trova a vivere. Non è un sognatore Paul Auster, sa che le esperienze nella vita sono tutto e sono il motore per il futuro, perchè insegnano e segnano. "Quanti inciampi, scivoloni e cadute?" si domanda alla fine del suo libro.

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