Ciò che inferno non è di Alessandro D'Avenia
Ho divorato questo libro in pochi giorni ma è stato come aver compiuto una bella impresa.
La storia è vera e particolare e, leggendola, si passa attraverso tante parole, concetti, verità, pensieri, amori, cattiverie, dolori, trasformazioni, deliri, fatti, azioni, descrizioni che non resta che lasciarsi trasportare fino in fondo, a fondo, provando felicità e dolore insieme ai protagonisti.
E' inutile dire che in questo libro D'Avenia ha reso omaggio ad uno dei personaggi buoni della sua Palermo: Don Pino Puglisi, prete di Brancaccio che sfidò la mafia, e per questo ucciso, proprio nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, il 15 settembre 1993.
D'Avenia ci fa conoscere Padre Pino Puglisi, chiamato simpaticamente 3P dagli studenti del Liceo Classico in cui insegnava religione, anche attraverso il racconto di un suo studente, un ragazzo palermitano, di quella parte della città non lontana da Brancaccio, ma che in quel quartiere non era mai passato, nemmeno per sbaglio.
Federico scopre un'altra faccia della sua Palermo, una faccia scura, contrapposta a quella di luce in cui lui ha vissuto finora. La scopre incuriosito da quel professore che, sempre con il sorriso, gli ha trasmesso molto anche nei dibattiti e nelle discussioni che avevano durante le ore di scuola.
La spinta alla scoperta di Brancaccio e ad aiutare Don Pino con i suoi ragazzi avviene alle porte delle vacanze estive, alla fine di maggio, quando l'aria comincia ad essere perfetta per andare a fare le passeggiate ed al mare a Mondello, quando ci sono i pomeriggi in piscina con gli amici, quando correre in bici per la città è ancora più speciale.
Uno schiaffo che lo porta ad una realtà diversa avviene il 23 maggio quando l'autostrada venne fatta saltare al passaggio di Giovanni Falcone. Proprio quel pomeriggio, mentre era con gli amici a divertirsi, le immagini in tv dell'attentato e dell'autostrada sventrata fanno riflettere Federico che decide di varcare la linea di demarcazione tra una parte e l'altra della città e va ad aiutare il parrino di Brancaccio.
Credo che questo "schiaffo" lo abbiamo ricevuto tutti in quel giorno.
Per esempio ricordo perfettamente cosa stessi facendo nel momento in cui mia madre mi chiamò in cucina ed in tv passava la notizia, le stesse immagini che Federico ed i suoi amici stavano guardando. Anche io ero alle prese con lo studio di una delle prime materie all'università, avevo l'esame qualche giorno dopo.
Sentii l'aria rarefatta in quel momento. Io che non ero a Palermo, ma a Roma.
La storia è resa reale proprio dall'avere ben presenti queste scene e dal fatto che, avendole ben chiare, si scopre cosa avviene nella parte più difficile di Palermo, dove i bambini, quel giorno, festeggiarono come avessero vinto una sorta di partita. E si scopre cosa e come agiva un semplice parroco, con le idee ben chiare, che sapeva benissimo che a questi stessi bambini avrebbe dovuto insegnare cosa è la Vita, cosa c'è oltre il loro quartiere, che bisogna studiare, imparare, affidarsi non a chi, con la forza e la cattiveria, vuole controllarli per sporchi affari, ma a chi con amore li incoraggia a cercare la via della vita pulita!
Si batte perchè a Brancaccio un luogo, sede della malavita e dei loro traffici, venga trasformato in un centro ricreativo per i bambini. Si batte perchè in un quartiere popoloso come il suo venisse aperta una scuola media, per dare senso alla presenza di uno Stato, alternativo a quello dei "don" che preti non erano.
La cultura è l'alternativa alla mafia.
Il libro è pieno di dialoghi in cui traspaiono tutti i sentimenti. Quelli più dolorosi sono quelli con e tra i bambini; si capisce come la loro vita in quel quartiere fosse un vero e proprio campo di battaglia a cui bisognava sopravvivere in qualche modo!
Incontriamo anche i cattivi, coloro che impediscono la libertà nel quartiere, a coloro che, per molte ragioni, vi si avvicinano e, sopratutto, a Don Puglisi.
E' difficile non rimanere colpiti da quanto si legge.
Insomma si capisce che il libro mi è piaciuto, anche se a me questa definizione non piace molto!
Mi ha presa, mi ha colpita, mi ha dato da pensare.
Aggiungo infine un link di una intervista a D'Avenia proprio su questo libro.
L'avevo trovata prima di leggerlo, ma ho voluto aspettare di finire la lettura prima di guardarla.